Prosegue il nostro viaggio alla scoperta delle origini e dei motivi d’essere di colori particolarmente ricercati nel mondo dell’arte. Abbiamo già parlato, per esempio, di alcuni famosi blu, come il Blu di Prussia o il Blu Klein.
Oggi ci spostiamo un po’ di lato, ma non troppo: parleremo infatti di un grigio-azzurro, di un colore che forse non hai mai notato, ma che da oggi in poi probabilmente ritroverai centinaia di volte nei più diversi dipinti.
In questo articolo parleremo infatti del Grigio di Payne, ovvero di un colore che si trova praticamente sempre all’interno delle gamme complete di colori a olio, negli acrilici come negli acquerelli. Ma da dove arriva questo colore? E perché lo ritroviamo in così tanti lavori quando passeggiamo nelle nostre pinacoteche? Scopriamolo!
Da dove arriva il Grigio di Payne: la storia di William Payne
Ci sono colori – come il già visto Blu di Klein – che hanno una storia abbastanza precisa. Ecco, questo può essere detto anche a proposito del Grigio di Payne, una creatura del pittore inglese William Payne, vissuto tra il 1760 e il 1830.
Chi è William Payne?
Non devi stupirti se non conosci questo pittore, non si tratta certo di uno dei grandi maestri le cui opere vengono studiate durante i corsi d’arte. Payne era un ingegnere civile che, con un po’ di ritardo, sentì la vocazione dell’arte. Trasferitosi a Londra, si diede totalmente alla pittura nonché all’insegnamento dell’arte, interpretando il lavoro del pittore come qualcosa di strettamente connesso al lavoro poetico, con un continuo impegno nel trasmettere emozioni precise attraverso i tocchi del proprio pennello.
I critici, però, non furono particolarmente ben disposti nei confronti delle sue opere. Anzi: leggendo tutto quello che troviamo sul conto di William Payne e della sua produzione artistica troviamo delle opinioni perlopiù negative. In molti affermano che la sua vena artistica, a un certo punto, iniziò a stagnare, mentre altri spiegano persino che i suoi lavori peggiorarono nel tempo. Quel che è certo è che, dopo un periodo di relativa fortuna, il nome di Payne fu oscurato da tanti altri pittori inglesi, più fortunati.
Andando a consultare il Dictionary of National Biography, che si propone di descrivere brevemente la biografia di tutte le figure notabili del Regno Unito, si legge che nel 1812 la sua arte era ormai “degenerata nel manierismo”. La voce dedicata a Payne si conclude nel modo più triste: “fu superato da artisti migliori e dimenticato”. Ma attenzione: nel 2021 stiamo ancora parlando di Payne. Per quale motivo? Forse i critici hanno cambiato idea sui suoi lavori? Da un certo punto di vista sì, anche se solo in minima parte.
L’invenzione di William Payne: il Grigio di Payne
Si è ormai concordi nel dire che Payne ha comunque accresciuto le possibilità degli acquerelli, in special modo nella sua capacità di creare l’atmosfera e di rendere in modo realistico la luce del sole, anche grazie a delle tecniche innovative da lui introdotte.
Ma il vero lascito di William Payne è, per l’appunto, il Grigio di Payne, ovvero il Payne’s Grey. Ma che colore è in effetti? Ebbene, il grigio di Payne è il colore di un mesto, se non persino triste, giorno invernale. E sì, questa è una delle descrizioni più efficaci per questo colore. Ma come lo creava il signor Payne? Il pittore inglese creava questo colore mescolando il noto Blu di Prussia con del giallo ocra e del cremisi, per arrivare a un grigio scuro con rimandi all’azzurro.
Il colore Grigio di Payne, oggi
Oggi tanti i produttori di colori che, nelle proprie gamme, presentano un Grigio di Payne. Lo troviamo quindi tra i colori acrilici, tra gli acquerelli, tra le tempere e tra i colori a olio. Eppure… eppure sembra davvero che ognuno percorra una strada propria e differente per raggiungere il “proprio” Grigio di Payne.
C’è chi mescola tre colori, chi ne mescola 2, chi ne mescola 4. E sì, i risultati sono molto diversi, tanto da spiazzare il pittore abituato a un “altro” Grigio di Payne. Mettendo a fianco sul medesimo foglio gli acquerelli Grigio di Payne proposti da Maimeri, Van Gogh e Winsor&Newton si ha la sensazione di usare tinte formalmente diverse. Quello è più bluastro, quello si avvicina di più al nero, quello non sembra più un grigio. C’è chi ripete la formula usata da Payne, chi mescola invece la Terra di Siena bruciata al Blu Ultramarino, chi ai 2 colori di partenza aggiunge un po’ di nero, e perfino chi si limita a mescolare del Blu di Prussia a del nero.
Esistono, insomma, tanti diversi Grigio di Payne, senza peraltro trascurare la possibilità di crearlo da sé, sulla propria tavolozza, mescolando i propri colori.
Come e quando usare il Grigio di Payne
Oscuro, mesto, doloroso, umido, quieto, triste, vibrante, invernale. Ci sono tanti aggettivi per descrivere il Grigio di Payne. Ma come e quando va utilizzato? Ebbene, non ci sono limiti, ma va detto che esiste un uso “principale” per questo colore.
Hai presente quel punto lontano nell’orizzonte, quello ormai inafferrabile? Pensa di dipingere lo skyline di una città, e di dover riportare l’orizzonte più lontano all’occhio. Ecco, questo grigio è perfetto, in particolar modo per i cieli invernali. Ma non solo: un grigio di Payne chiaro può essere utilizzato per delicate ombre, una versione scura può essere usata in luogo del nero. Una mezza via potrebbe essere perfetta per dare il colore alla cenere di una sigaretta fumata a metà.
Gli altri grigi
Qualche anno fa non ci poteva muovere in libreria senza vedere mucchi di copie del best seller 50 sfumature di grigio, di E. L. James. Non si tratta peraltro solamente di un titolo di un lavoro letterario: di sfumature di grigio ne esistono infatti tantissime, prima di tutto in natura.
Si pensi alle decine e decine di grigi differenti che si possono trovare nel piumaggio degli uccelli. Ci sono i vari grigi piombo, il grigio ardesia, il grigio perla, il grigio topo, il grigio lavanda, il grigio vinaccia, il grigio puritano e via dicendo. E, va detto, il grigio di Payne non è l’unico grigio ad personam: esiste infatti anche il grigio Varley, anche questo da ricondurre a un pittore, John Varley, anch’esso inglese, anch’esso acquerellista.
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