Da sempre l’azzurro e il blu, figurano tra i colori preferiti dalle persone. Non è un caso se moltissimi prodotti in vendita sfruttano questa passione, inserendo anche un piccolo fregio celeste nel packaging.
Il blu, insomma, piace, e piace tanto, anche nel mondo dell’arte. Molti artisti hanno costruito un’intera carriera intorno a questo colore: si pensi, per esempio, a Yves Klein, e al suo International Klein Blue.
Oggi vogliamo parlare della affascinante storia del primo blu moderno e sintetico, il quale per molti versi ha cambiato il mondo dell’arte: parliamo ovviamente del famoso Blu di Prussia, inventato quasi per caso nel 1704 da Johann Jacob Diesbach.
Prima del Blu di Prussia: un po’ di storia
La storia del blu, o dei pigmenti utilizzati dagli artisti per ottenere i diversi blu utilizzati nelle opere antiche e moderne, è estremamente interessante. Scopriamola insieme!
Il Blu Egiziano
Potremmo fare partire questa premessa al Blu di Prussia dal 2200 avanti Cristo, con il Blu Egiziano. Il procedimento per ottenere questa tinta, apprezzatissima nell’antichità, non era velocissimo. Si partiva da una miscela di sabbia del deserto, che di certo non mancava, e di malachite, una pietra contenente una buona dose di rame. Il tutto veniva cotto a temperature imponenti, fino ad avere una lastra dall’aspetto vetroso: questa veniva distrutta e quindi polverizzata, fino ad arrivare a un pigmento che, mescolato per esempio a dell’albume, dava il Blu Egiziano che tutti conosciamo nelle sue forme moderne.
Il Blu Oltremare
Se il Blu Egiziano è il blu dell’antichità, spostandoci verso il Medioevo e verso il Rinascimento la corona spetta invece al famoso Blu Oltremare, costosissimo e prezioso, e per questo centellinato con estrema cura. Come mai?
Semplice: questo colore si otteneva con la lavorazione del lapislazzuli, una pietra estratta dalle sole montagne dell’Afghanistan. Si pensi che questo minerale semiprezioso, nel Rinascimento, aveva un costo del tutto simile a quello dell’oro. Non tutti potevano accedere all’utilizzo del Blu Oltremare: lo troviamo in alcuni dipinti di Raffaello, nonché nella fascia che adorna la testa della Ragazza dell’orecchino di perla di Vermeer.
C’è una storia, forse infondata ma che spiega bene la situazione, che narra che la Deposizione di Cristo nel Sepolcro di Michelangelo, un dipinto a tempera con riprese a olio su tavola, sia incompleta proprio per la mancanza di soldi per l’acquisto di questo pigmento. Solo nel 1824 si arrivò a una versione sintetica del Blu Oltremare, ovvero il Blu Oltremare francese (invenzione che valse una ricchissima ricompensa al chimico da parte della Société d’Encouragement). Chi voleva risparmiare, nel frattempo, si buttava invece sull’indaco, un pigmento di origine vegetale molto in voga tra 1700 e 1800.
Ecco, questa è la situazione di partenza per l’invenzione del Blu di Prussia.
L’invenzione del Blu di Prussia
L’invenzione del Blu di Prussia, come anticipato, fu in buona parte casuale. Di cosa stiamo parlando quando nominiamo il Blu di Prussia originale?
La composizione del Blu di Prussia
Si tratta di una miscela di ferrocianuro ferrico-protocianuro di ferro e sesquiossido di ferro, che si può ottenere per pezzo del sale ferrico con ferrocianuro di potassio. Al di fuori di un laboratorio di chimica, queste parole suonano come l’aramaico, lo sappiamo. Ma come Johann Jacob Diesbach, nel 1704, nel suo laboratorio di Berlino, è arrivato a questa soluzione?
Ebbene, la storia è una, con delle versioni che divergono solo per alcuni particolari. Sappiamo che lo scopo di Diesbach non era quello di inventare un nuovo blu, quanto invece quello di preparare della “comune” lacca rossa di cocciniglia: parliamo quindi del colorante rosso che si ricava da questi insetti della famiglia coccoidea. Per questa operazione il berlinese aveva bisogno, tra le altre cose, di due componenti, ovvero di solfato di ferro e di potassa.
Dalla lacca rossa al Blu di Prussia
Nel tentativo di ridurre i costi, Diesbach si rivolse all’alchimista Johann Konrad Dippel, domandando della potassa più economica: Dippel in tutta risposta gli affidò della potassa destinata alla pattumiera, essendo stata inquinata da del grasso animale.
Fu proprio per questo motivo che la vernice rossa che si voleva creare risultò fin troppo chiara, e quindi invendibile: la volontà di risparmiare di Diesbach si stava quindi trasformando in un vero spreco di soldi. Per provare a recuperare in extremis la lacca rossa, egli provò quindi a concentrare il tutto, nella speranza di ottenere un rosso più scuro. Del tutto inaspettatamente, arrivò invece un porpora, che diventò ben presto blu: nasceva così, quindi, il Blu di Prussia.
Come si capì poi, questo passaggio era dovuto alla reazione degli alcali alla presenza dei grassi animali, così da formare del ferrocianuro di potassio, il quale a sua volta era stato mescolato al solfato di ferro. Per caso, quindi, il mondo ebbe un blu di bellezza simile al costosissimo Blu oltremare, un blu sintetico, moderno, economico.
La fortuna del Blu di Prussia
Già nel 1750 il Blu di Prussia era conosciuto in tutta Europa: sappiamo che entrò a far parte dei colori di Winsor & Newton a partire dal 1878. Tanti artisti utilizzarono il Blu di Prussia rendendolo famoso a livello internazionale: Jean-Antoine Watteau fu uno dei primi artisti ad utilizzarlo frequentemente, seguito da tanti pittori. Ma un esempio più celebre è Pablo Picasso, che lo esaltò durante il suo Periodo blu, tra il 1901 e il 1904.
Va peraltro sottolineato che il Blu di Prussia ha avuto altri utilizzi, anche all’infuori dell’arte. È interessante l’utilizzo che ne ha fatto l’astronomo inglese John Herschel, che intuendone la particolare sensibilità alla luce lo utilizzo per creare delle copie – le blueprints – di altri disegni. Questa famosissima tecnica è molto utilizzata nel campo dell’architettura. O ancora, il Blu di Prussia è stato usato anche a livello ingegneristico, per verificare la planarità di manufatti.
Si tratta in generale, poi, di un pigmento molto utilizzato nella tintura dei tessuti: il suo nome deriva infatti dall’utilizzo per tingere le uniformi dell’esercito prussiano – anche se va detto che il blu di Prussia venne utilizzato anche per tingere le uniformi degli eserciti napoleonici, e proprio per questo in Francia viene chiamato Bleu National.
Come è il Blu di Prussia
Ma com’è il Blu di Prussia? Se volessimo descriverlo senza avere di fronte un’immagine lo presenteremmo come un pigmento dall’alto potere coprente, ma non opaco, e peculiarmente cangiante.
Si tratta di un colore che tende a dominare sugli altri, che gioca molto bene con colori come la Terra di Siena e con il Giallo di cromo, per avere un verde molto brillante.
Quando lo utilizziamo come vernice a olio, appena uscito dal tubetto si presenta davvero molto scuro e questo può spaventare alcuni pittori in erba!
E’ possibile utilizzarlo senza rendere il nostro quadro troppo cupo? Certo, seppur inizialmente così profondo è un colore che si adatta a vari utilizzi e può essere reso più “morbido” con i giusti abbinamenti e con l’esperienza!
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