Qual è la storia dell’arancione nell’arte? Parliamo di un colore che è sempre stato presente nei dipinti del passato recente e passato, e che fu amato in particolare da Vincent Van Gogh e dai preraffaelliti.
Oggi giorno lo troviamo dappertutto, mentre un tempo era un colore piuttosto raro, cosa che come vedremo ha influito non poco sulla storia di questo colore dal punto di vista lessicale. Quali pigmenti sono stati usati nella storia per realizzare il colore arancione per i dipinti? Con quale scopo l’hanno utilizzato gli artisti? Vediamo tutto ciò che di interessante c’è nella storia dell’arancione dal punto di vista artistico.
- Il nome del colore arancione
- I pigmenti usati per realizzare del colore arancione
- Il colore arancione nella storia dell’arte
Il nome del colore arancione
L’arancione è un colore caldo e secondario, che nello spettro della luce visibile si situa tra giallo e rosso. I nostri occhi percepiscono questo particolare colore quando la luce ha una lunghezza d’onda dominante compresa tra i 585 e i 620 nanometri.
Come abbiamo anticipato, il colore arancione è stato utilizzato per secoli e secoli, eppure per lungo tempo non ha avuto un vero e proprio nome. Si parlava infatti piuttosto di un giallo rossastro o di un rosso giallastro. È forse un caso se le chiome che definiamo rosse naturali sono in realtà arancioni? E non sono forse arancioni i nostri pesci rossi? Per tantissimo tempo abbiamo dato del rosso a quello che oggi conosciamo come arancione. Per quale motivo? Forse perché l’arancione in natura è (era) comunque meno presente del rosso.
Pensiamo alla frutta e alla verdura. Le zucche e le arance arrivarono tardi, importate dal nuovo mondo, e le carote un tempo erano bianche, rosse e viola, ma mai arancioni (la classica carota arancione è in realtà frutto di un incrocio olandese abbastanza moderno). Le albicocche, di provenienza orientale, si sono diffuse solamente a partire dal Medioevo.
Si è iniziato a parlare d’arancione, guarda un po’, solo a partire dalla grande diffusione del frutto arancia. Parliamo di un frutto presente in Cina da 4mila anni, ricavato dall’incrocio tra i due agrumi mandarino e pomelo, e diffusosi in Europa solo a partire dal Medioevo, e in particolare a partire dal 16° secolo; è da quel momento che si iniziò pian piano a usare il termine “arancione” per definire un colore, partendo dalla parola usata per designare l’arancia, dal “naaranji” arabo attraverso lo spagnolo “naranja”.
Insomma, è dal 16° secolo che parliamo del colore arancione con un nome preciso, prima si parlava piuttosto di giallo e di rosso.
I pigmenti usati per realizzare il colore arancione
Nonostante la questione lessicale, il colore arancione è stato usato fin dall’antichità dagli artisti. Come veniva prodotto? Poteva essere realizzato dall’artista mescolando insieme ocra rossa e ocra gialla. Ma in realtà già nell’antico Egitto veniva usato un pigmento apposito, ovvero la polvere del minerale realgar, propriamente solfuro di arsenico. In Italia si può trovare questo minerale in diversi luoghi, dalla Solfatara di Pozzuoli alle miniere di cinabro del Monte Amiata.
Un pigmento ancora più diffuso fin dall’antichità per ricavare l’arancione era poi l’orpimento. Si tratta di un particolare minerale, usato come pigmento nonché, in Cina, come medicamento, e per questo oggetto di importanti scambi nei tempi antichi. Va peraltro detto che l’orpimento, contenendo dell’arsenico, è altamente tossico. Non a caso veniva usato anche come veleno, sia per rendere letali le punte delle frecce, sia per uccidere le mosche.
Il nome del minerale orpimento deriva dall’unione delle due parole latine “aurum”, ovvero oro, e “pigmento”, ovvero colore, poiché gli antichi ritenevano che questo minerale al suo interno nascondesse proprio dell’oro; non stupisce quindi che nel Medioevo gli alchimisti cercassero di ottenere da questo minerale l’oro, o talvolta l’argento.
Nel 1809 arrivò infine il primo tra i pigmenti sintetici per ottenere il colore arancione, a partire dalla lavorazione della crocoite, minerale fatta dallo scienziato francese Louis Vauquelin.
Il colore arancione nella storia dell’arte
Abbiamo visto dunque che, in linea di massima, l’arancione fu sempre pressappoco presente nella tavolozza degli artisti. In epoca moderna l’arancione ha visto degli utilizzi abbastanza peculiari e ripetuti nell’arte. Nel 1700, per esempio, l’arancio veniva usato di frequente come colore principe delle vesti della dea Pomona, la divinità dell’abbondanza fruttuosa.
Anche grazie alla diffusione dell’arancione sintetico, questo colore divenne molto popolare tra i pittori preraffaelliti, lanciato in parte dal pittore Dante Gabriel Rossetti, che dipinse più volte donne dai capelli arancioni partendo dallo studio della chioma della modella e compagna Elizabeth Siddal, la musa dell’intera confraternita. Ma l’arancione non veniva usato solamente per i capelli: Lord Leighton, altresì preraffaellita, dipinse il famoso Flaming June, rappresentante una ragazza addormentata e adornata da un vestito arancione che fu imitato e ripreso più volte.

Lord Leighton, Flaming June, 1895, Olio su tela
L’arancione si trova anche nel quadro che dà il nome al movimento impressionista, ovvero nell’Impression Sunrise di Claude Monet, dipinto nel 1872, con un inconfondibile sole arancione che illumina nuvole e acqua.

Claude Monet, Impression, soleil levant, 1872, Olio su tela
Troviamo l’arancione sulle barche di Auguste Renoir, sugli abiti dei parigini di Toulouse-Lautrec, sui volti di Paul Gauguin. Ma troviamo l’arancione soprattutto in Vincent Van Gogh, che come raccontò al fratello Theo cercava «le opposizioni del blu con l’arancione, del rosso con il verde, del giallo con il viola, cercando colori spezzati e colori neutri per armonizzare la brutalità degli estremi, cercando di rendere i colori intensi, e non un armonia dei grigi».
Non possono essere poi trascurati l’arancione rossastro di Henri Matisse, a partire da La Danza, per arrivare all’arancione del cielo che echeggia sullo sfondo de L’urlo di Edvard Munch.
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